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(testo di Germana Riccioli)

Il processo creativo di Alberto Criscione trasforma la visione dapprima in disegno e poi in scultura: dalla bidimensionalità del bozzetto l’artista estrae la forma plasmandola, per poi ricercare la sua vera essenza nel colore. La tridimensionalità infine raggiunta dalle sue opere possiede e trasmette un carisma realmente conturbante o per meglio dire, citando il genio della psicoanalisi, esse esercitano un fascino unheimlich, cioè familiare ma allo stesso tempo inquietante, come il ritorno del rimosso, magistralmente teorizzato da Sigmund Freud nel saggio sul Perturbante del 1919.


Alberto Criscione è un artista d’altri tempi, poco chiassoso, rispettoso, senza protagonismi da palcoscenico, votato con mite e inesausta caparbia alla sua missione, apparentemente schivo, ma in realtà agitato interiormente da forti passioni e impegnato in profonde riflessioni, di cui la sua scultura è specchio inequivocabile.

La scultura di Alberto Criscione è, infatti, più che affascinante, è straordinariamente conturbante.
Una strana aura magnetica attornia i Golem People, in grado di attirare lo ‘spettatore’, sotterraneamente, in un processo d’investigazione sulle loro forme e sui loro significati; solo per chi riesce a penetrare la loro apparente immobilità, si dischiude una relazione sorprendentemente dialogica, come se i Golem People parlassero silenziosamente della loro profonda melancholia, svelando la radicale umanità che li abita. Il legame che si stabilisce allora tra l’osservatore e le opere approda a una riflessività superiore e culmina in una compassionevole affettività che scaturisce dalla consapevolezza di un destino comune.
I Golem People costituiscono una collezione unica di ventuno sculture di terracotta policroma che narrano una saga contemporanea dai tratti mitico-tragici: un nugolo di subumani, deformi nell’anima e nel corpo, esseri relitti e derelitti, ibridi e mostruosi, sospesi in una condizione irresoluta tra uomo, bestia e automa. Come il leggendario Golem della tradizione letteraria ebraico-tedesca, amorfo automa della mitica Praga dei maghi rabbini (e antesignano della creatura di Frankenstein), i Golem People rappresentano simbolicamente l’inestricabile mistero della vita, che oscilla tra assurdo, grottesco e tragico, e di questa paradossale combinazione essi sono amara e incarnata testimonianza.
I Golem People sono creature fantastiche e mostruose che non raccontano di voli pindarici stravaganti, ma descrivono piuttosto drammi umani odierni ed eterni sotto forma di tristi caricature e iperboliche proiezioni di noi uomini sulla terra. Essi incarnano l’alienazione della nostra specie in falsi miti, valori pervertiti e coercizioni del quotidiano.
Ciò che ne deriva per noi individui è la definitiva perdita della nostra vera identità e un imperante senso d’instabilità e infelicità della vita contemporanea, così diversa dal passato ma in fondo sempre uguale nel fondamentale dramma esistenziale che attraversa ciclicamente le varie epoche della storia del mondo.
A questa condanna esistenziale, i Golem People, da un lato, si arrendono afflitti e mesti alla loro condizione di reietti, dall’altro, sfidano sornioni e beffardi la logica imperscrutabile del destino, animati dal dinamismo vitale della collera umana e della bieca perversione: così essi ghignano diabolicamente sotto un mantello che ne occulta la natura spregevole e la deformità, in altre parole, la loro disumanità (Automa), oppure si trasmettono il male l’un l’altro, di bocca in bocca, di orecchio in orecchio (Li fra diavuli), o, peggio ancora, soggiogano i deboli al vizio e ne profanano la purezza (The Big Family), arrivando a proclamare la loro mostruosità come bellezza (Venus de mostribus) e, infine, si sbranano l’un l’altro ciecamente (Uomomangiauomo) o si autodistruggono nella totale incoscienza e ottusità (Dove avrò messo le forbici?),
I Golem People scrivono quindi il loro e il nostro testamento esistenziale senza eredi, nudi e inermi, ingobbiti e contorti sotto il peso della vita, ripiegandosi in una posizione fetale non più salvifica, ma solo guasta e deteriore (Imparare a nuotare, Tutto il peso del mondo).
Testa, schiena e braccia, simbolo di pensiero, forza e azione, hanno un ruolo cardine nella pregnante morfologia espressiva di Criscione: Dancer è il ballerino in fuga, l’artista che ha ormai fatalmente perso le sue creatività e bellezza, le cui braccia sono ormai inutili e goffe escrescenze che fuoriescono dal busto e la cui testa è ormai una inutile cavità contenente poca terra arida e uno spinoso cactus; Waterman, a capo chino, muto e a occhi bassi, con le braccia incollate al corpo, lunghe e immobili, sorregge tristemente tre bottiglie d’acqua realmente conficcate nella sua schiena, metafora delle logiche disumane che regolano il sistema produttivo-economico di cui siamo pedine e schiavi; Late night call rappresenta il martire del nuovo millennio, un uomo con la testa coperta di chiodi e un vecchio telefono a gettoni appeso sulle spalle, corpo immolato nello spazio pubblico delle telecomunicazioni della società mediatica, soggetto e oggetto di subdole e triviali dinamiche capitalistiche e di massa; suprema icona della degradata società contemporanea è Il Giocoliere, mago dei giochi monetari e dei flussi di mercato, artefice dei destini dei popoli e del mondo, oracolo della irreversibile schizofrenia dell’uomo sotto il padrone denaro.
L’oracolo si è ormai espresso: non esiste progresso, ma inevitabile degenerazione interiore che diviene deformità fisica e il vacuo trastullarsi dell’uomo verso la fine. La Wunderkammer dell’artista non è più stanza delle meraviglie, ma antro degli orrori, in cui l’uomo dà forma alle sue illusioni, ai suoi incubi e ai suoi agghiaccianti momenti di verità.
Il Golem di Gustav Meyrink (1915) da servo remissivo giunge a ribellarsi rabbiosamente al padrone; allo stesso modo, i Golem People oscillano tra prostrazione a capo chino e sfida beffarda al Creatore, ma con una grande forza in più, il loro geniale umorismo noir.
La drammaticità dei Golem People e del loro destino non è assoluta ma attraversata da un brillante sarcasmo fumettistico che si congiunge alle atmosfere gotico-meyrinkiane, innervate di espressionismo pop, con forme e colori del quotidiano stravolti dalla visionarietà sul baratro dell’incubo.
La mostruosità dei Golem People è quindi addomesticata, docile, non aggredisce lo spettatore, perché è la mostruosità in cui viviamo quotidianamente, che siamo e che contribuiamo a creare.
I Golem People appartengono a un tempo arcaico, ancestrale a cui l’uomo è appartenuto e a cui forse sta per tornare. Sono “percezioni, ricordi, cose senza nome”, icone inquietanti di una visione avveniristica e profetica, nient’affatto rivoluzionaria, ma solo lucida e leale messaggera di un epilogo rovinoso per il genere umano.
I Golem People sono mostri antichi e iper-contemporanei, reperti di un’archeomitologia esoterica in cui il primitivismo è la chiave espressiva di una involuzione ormai in atto e inarrestabile.
Il popolo dei Golem è il compimento degli orrori dell’era moderna, il fallimento del postmoderno e l’irrevocabile sconfitta dell’uomo e dell’artista che hanno illusoriamente creduto nella purezza della vita e dell’arte, ricercando disperatamente un’attribuzione di senso a un destino irragionevole.
La tecnica scultorea di Alberto Criscione è il risultato di una continua e indipendente ricerca, innovativa e raffinata: dalla forma cava del foglio di argilla avvolto su se stesso, l’artista crea la forma, per poi ricercare ossessivamente il colore, conferito alla terracotta attraverso l’applicazione degli ingobbi, speciali polveri di argilla purificate e colorate.
La sua terracotta policroma, in ultima analisi, studia e recupera la tradizione rinnovandola nello spirito e nella tecnica con un atteggiamento consapevolmente anticonformista.
Criscione, attraverso la sua maestria tecnico-compositiva e la sua ispirazione visionaria, guarda nelle profondità della sua anima: “Quando la mente si apre a nuove forme vorresti solo fare ciò che dice. Io e la materia possiamo tutto ciò che è possibile. Come Orfeo ammaestrò gli impulsi del creare, di getto e d’istinto posso essere tutto ciò che volete.”
Ecco a voi i Golem People!

Germana Riccioli – recensione su Golem People

 

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