Come reagirebbe la Terra su cui abitiamo se avesse emozioni, se fosse in tutto e per tutto simile a noi?
L’idea del pianeta vivente nasce in antiche tradizioni animiste, ma lo troviamo anche nell’antroposofia di Steiner.
È un concetto che poi è stato ripreso dallo scienziato James Lovelock, con l’ipotesi Gaia (alcuni la ricorderanno per averla letta negli ultimi capitoli del Ciclo delle Fondazioni di Isaac Asimov), dove si suppone che le componenti geofisiche del mondo si mantengano favorevoli alla vita grazie al comportamento degli organismi che la popolano.
L’opera quindi diventa un mezzo con cui l’artista cerca di entrare in risonanza con il sistema in cui è immerso, immaginando l’impatto che può avere un’oggetto creato dall’uomo (in questo caso la testa di un bambolotto di plastica), che non tiene conto dei meccanismi regolatori sopra citati.
Tecnica: grès semi-refrattario policromo
misure: 50 x 30 x 30 cm
realizzato per la galleria d’arte Almareni
The Origin è una scultura in continuità con Deep Impact. Questa serie di figure a mezzobusto denominate Ontologia Divergente è un’allegoria degli elementi naturali, visti in chiave ironica.
In particolare The Origin è la Sophía, ossia la saggezza che ha generato il mondo.
Come descritto da Wilhem Freanger nel suo saggio su Hieronymus Bosch: Il Regno Millenario: “Nessuna sostanza può essere separata dall’acqua-madre, dalla materia prima, senza essere ben presto distrutta. Il corrispondente alchemico dell’umidità informe originale è questa <> che, sotto forma di nebbia, si eleva dai laghi e indugia in volute di vapore […]. È questo principio volatile, nebuloso e femminile che, nel corso dell’operazione alchemica, è necessario legare per addizione al principio maschile. Occorre in seguito estrarre ed isolare ermeticamente i differenti elementi usciti da questa combinazione per entrare in possesso del principio spirituale originario, la quintessenza.”
E questa Sophía originaria, la nebulosa che sembra formarsi al centro della scultura per dare origine a qualcosa di nuovo, una sorta di metamorfosi che però non è priva di dolore.
Un po’ come il dolore della separazione o quello del parto o quello che ostinatamente (e masochisticamente) l’uomo ricerca. Oppure (ed è il caso di questa scultura) il dolore che proverebbe la Terra nel vedere cosa ne abbiamo fatto del libero arbitrio.
Tecnica: grès policromo
Misure: 47 x 29 x 23 cm
In principio era il multiverso
La figura femminile viene intesa come principio generativo di mondi, in interazione con forme astratte come nebulose del divenire o simbolo della trasformazione della materia.
Si può leggere questo nelle texture e negli elementi (spesso di recupero) applicati ai corpi.
Il corpo umano non è più una mera macchina biologica, fine a sé stessa o centro dell’Universo, ma una mappa geografica o concrezione che entra in relazione con l’essenza della vita.
Come sempre non manca un pizzico di ironia nelle figure realizzate da Alberto Criscione, il quale ha voluto dare un carattere espressivo ai volti femminili, come a voler donare emozioni alle forze creatrici, ai pianeti e alle entità che nell’immaginario comune si credono prive di movimenti interiori, di cinestesia e di sentimenti.
Misure: 47 x 33 x 23 cm
Tecnica: Grès policromo e mixed media