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(testo di Alberto Criscione e Daniela Thomas)

E’ un processo inconsapevole quello che mi porta spesso a lavorare su opere che poi scopro avere una grande attinenza con temi attuali.

Quando ho iniziato a lavorare a questo Sileno in argilla formato gigante, ero animato da un grande desiderio di realizzare un’opera grande, la prima per me di queste dimensioni in un unico pezzo. La vivevo come una sfida personale e non mi preoccupavo minimamente di cosa potesse esprimere.

Poi ho avuto i primi riscontri da parte delle persone che la vedevano…
C’era chi mi diceva che questi “spiriti degli alberi” li avrebbe visti su un cucuzzolo di montagna, in un parco, immersi nella natura.
C’era chi ci vedeva un’espressione delle forze della natura; qualcuno ci ha cantato dentro (il Sileno è associato ai satiri, abili suonatori di flauto). Intuizioni, pensieri e sensazioni che richiamano inconsciamente a ciò che realmente erano i Sileni, cioè gli spiriti di quegli alberi, che oggi per noi sono “solo alberi” e niente di più. Quegli esseri dalla saggezza infinita che potrebbero raccontarci la storia del mondo se solo avessero una voce o… se solo noi riuscissimo a guardare oltre le cose e non fermarci all’aspetto esteriore.

Mi piace pensare a questo Sileno, ma anche alle mie prossime sculture in terracotta come a figure che potrebbero popolare parchi, giardini, boschi. Sarebbero sculture integrate con la natura e ne rappresenterebbero l’anima, sarebbero sculture mutevoli.
<<Mutevoli?>> Direte voi… proprio così!

L’arte è sempre stata concepita come qualcosa che doveva durare nel tempo, sfidare i secoli e rimanere immutabile.
Nietzsche direbbe che questa potrebbe essere l’espressione di un Ego che non vuole tramontare.
Einstein direbbe che non c’è da temere la morte (neanche quella delle cose) perché non è la fine ma solo una trasformazione.

Per quanto mi riguarda, un opera di terracotta nella natura è mutevole perché cambia colore quando piove, l’acqua al suo interno la farà suonare dolcemente, il vento invece le darà un vocione quando le soffierà dentro. Il sole la asciugherà ma quando sarà asciutta non sarà più la stessa perché la sabbia trasportata dalla pioggia la colorerà rendendola diversa ad ogni pioggia.
Un giorno su di essa crescerà il muschio e gli uccellini troveranno riparo nelle sue cavità. Sarà una scultura che cambierà con le stagioni, proprio come noi.

Per concludere vi riporto un testo di Daniela Thomas che ha scritto riguardo a questa opera.

Quando ho visto i Sileni di Alberto, in occasione della sua mostra da Neu [Noi], li ho subito immaginati grandi, grandissimi. Ho pensato che questi antichi spiriti degli alberi, che non sentiamo né vediamo più, continuano ad esistere lo stesso, e che è nostro compito restituire loro la voce. Come fare? Le maschere dei Sileni, con gli occhi e la bocca vuoti, mi hanno ricordato quelle degli attori greci, “pròsopa”, cioè “volti”, e “personae” in latino proprio perché servivano, con la loro rigidità ad amplificare la voce dell’attore, che “per-sonava”, cioè risuonava attraverso la maschera. Che “personae” siamo oggi? Che cosa facciamo risuonare attraverso le nostre individualità?
Sarebbe bello che potessimo lasciarci attraversare da quello che ci arriva dal cuore, perché il cuore di ognuno è lo stesso di quello della terra. Se, come ci insegnano i maestri Zen, allineassimo mente e cuore, le nostre parole sarebbero “autentiche”, perché esprimerebbero la Verità: e la Verità è che noi siamo nati per essere felici, gli uni accanto agli altri, e che il nostro essere nel mondo non può essere separato dal Cielo, dalla Terra, dal Mare e da tutti gli esseri viventi. La stessa parola “Natura” è un participio futuro (dal latino nasci, trad. nascere N.d.R.), e indica quindi l’insieme di tutti gli esseri che nasceranno; lasciamo allorache nascano! Ascoltiamo le voci di quelli che sono venuti prima, le voci delle radici, delle foglie, delle gemme, e non impediamo loro di diventare semi!
Ognuno può attivarsi facilmente, basta essere quello che si è e fare quello che si sa e si può fare; ma se intrecciamo le nostre competenze e ci sosteniamo a vicenda, allora la nostra voce diventerà un coro. Per questo pensiamo di aiutare Alberto – che nel suo nome ha proprio tutte le lettere della parola “Albero”, ma va oltre – a realizzare in grande questi suoi Sileni, perché possiamo “personarli” e “impersonarli”, collocandoli in ampi spazi aperti – teatri, piazze, colline, boschi – e lasciando che siano loro a parlare, a suonare e risuonare, proprio come fanno gli alberi mossi dal vento.

Daniela Thomas

 

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